IL GRANDE TORINO

Nessuna squadra al mondo ha mai rappresentato per il calcio tutto ciò che è riuscito al Grande Torino.
L’Italia in quegli anni era reduce da una guerra perduta, avevamo poca credibilità internazionale e furono le gesta dei nostri campioni a rimetterci all’onore del mondo: Bartali, Coppi, il discobolo Consolini, le macchine della Ferrari e appunto il Grande Torino che, essendo una squadra dimostrava a tutti come un popolo di individualisti come gli italiani sapessero far fronte comune per dare vita al più bel complesso di calcio mai visto e mai più comparso su un campo di calcio.
La Juventus del Qinquennio, il Real Madrid, il Santos, la Honved, l’Inter di Herrera, l’Ajax e il Milan degli olandesi hanno rappresentato, è vero, eventi tecnici straordinari, ma nessuno ha pareggiato il Grande Torino.I granata, guidati da Valentino Mazzola, il capitano dei capitani, hanno record strabilianti e assolutamente irripetibili.
Bastava, per esempio, uno squillo del trombettiere del Filadelfia perchè si scatenassero. Leggendaria, per esempio, una partita romana quando il Grande Torino, in svantaggio di un gol nel primo tempo contro i giallorossi, stabili negli spogliatoi, durante il riposo, che non si doveva più scherzare. Fu così che vennero segnati 7 gol a dimostrazione che quella squadra vinceva come e quando voleva.
Non per nulla l’11 maggio del 1947, Vittorio Pozzo, il commissario tecnico della Nazionale, vestì dieci granata d’azzurro per una partita disputata a Torino contro l’Ungheria. I nostri eroi naturalmente vinsero. E avrebbero continuato a vincere su tutti i fronti se non fosse sceso in campo il destino più tragico per fermarli. Ma non per batterli. Perchè quella squadra di grandi uomini e di grandi campioni è passata direttamente alla leggenda.

I campionissimi uno per uno ...

Valerio Bacigalupo
Aldo Ballarin
Dino Ballarin
Emile Bongiorni
Eusebio Castigliano
Rubens Fadini
Guglielmo Gabetto
Ruggero Grava
Giuseppe Grezar
Ezio Loik
Virgilio Maroso
Danilo Martelli
Valentino Mazzola
Romeo Menti
Pietro Operto
Franco Ossola
Mario Rigamonti
Julius Shubert

I SUCCESSI...

:: 5 Scudetti ……………………………………….
:: Massimo punteggio in classifica
……………
:: Vittoria casalinga con più alto punteggio ..
:: Vittoria in trasferta con più alto punteggio.
:: Partite vinte in casa …………………………..
:: Punti conquistati in casa …………………….
:: Reti segnate in campionato …………………
:: Record di giocatori presenti in nazionale
42/43 45/46  46/47 47/48 48/49
65 punti (1947/48) 
10-0 Alessandria (1947/48)
7-0 Roma (1945/46) 
19 su 20 (1947/48)
39 su 40 (1947/48)
125 (1947/48)
10 giocatori 11/05/47 Italia-Ungheria 3-2 
:: 408 Reti segnate nei 5 anni dello scudetto:
Mazzola 97, Gabetto 86, Loik 62, Ossola 50, Menti 39, Castigliano 35, Grezar 19, Martelli 10, Ballarin 4, Bongiorni 2, Fadini, Maroso, Rigamonti e Schubert 1.

3 maggio 1949: L'ultima partita

A fine aprile 1949 i granata iniziarono ad allenarsi per partecipare a una partita organizzata dal giocatore portoghese Françisco Ferreira amico di Valentino Mazzola, decisa qualche mese prima, in occasione della partita contro la nazionale portoghese.
Pochissimi giorni prima tutta la squadra partì verso Milano per giocare contro la squadra dell’Internazionale, la partita che avrebbe deciso lo scudetto. Il 3 maggio si disputò la partita, la quale sarà ricordata purtroppo come l’ultima disputata dal Grande Torino.

Di fronte a una folla di quarantamila persone, il Torino purtroppo perse per 4-3. Al 4’ minuto Mazzola, lanciato da Loik, tirò fuori a porta vuota. Più fortunato fu Ossola che segnò il primo goal dei granata, con la collaborazione di Grezar, Menti e Gabetto. Al 14’ minuto ci fu il pareggio e al 33’ segnò nuovamente la squadra avversaria. Al 37’ il Torino tornò in parità, ma per poco, infatti il Benfica segnò ancora con Melao. Al 40’ il Benfica segnò il quarto goal. All’ultimo minuto Mazzola venne atterrato mentre si dirigeva verso la porta, l’arbitro decise il rigore, trasformato in goal da Menti. La partita finì per con il risultato di 4-3.

4 maggio 1949: La tragedia di Superga

Torino 4 maggio 1949 notte – nebbia, pioggia, vento, silenzio laddove 6 ore fa si è sfracellato l’aeroplano che riportava a Torino la più bella squadra di calcio d’Italia. Un pallido, rossastro riverbero illumina ancora palpitando le muraglie della Basilica di Superga. Un pneumatico dell’apparecchio sta ancora bruciando, ma la fiamma cede, tra poco sarà completamente buio. Lo spaventoso disastro è successo alle 17:05. Superga era avvolta in una fitta nebbia. A 30 metri non si vedeva niente. Nella sua stanza al primo piano della basilica il cappellano del tempio, prof. Don Tancredi Ricca stava leggendo. La pioggia, una impetuosa pioggia quasi da temporale scintillava scrosciano contro i vetri. Dal silenzio usciva poco a poco un rombo. Un aeroplano, pensò don Ricca. Ma ne passano tanti di aeroplani, un traguardo fra gli aviatori in arrivo. Prima di scendere al campo aeronautica d’Italia i piloti usano fare un picco sopra la Basilica, un ultimo giro.Niente di strano, dunque … Non è vero! Non è vero! Alcune ore sono passate prima che i torinesi, diciamo gli italiani, uscissero a conoscere nella sua selvaggia crudeltà questa sciagura.Pare che pochi minuti prima della tragedia il marconista del campo di Torino in collegamento radio col collega a bordo dell’apparecchio ha scambiato con lui brevi messaggi. L’aereo – un 212 Fiat trimotore – gli avrebbe richiesto l’orientamento comunicando di trovarsi in mezzo a una formazione temporalesca a 2000 metri di quota. Poco dopo l’aeroplano si frantumava contro il pianterreno di Superga.Possibile che in così breve tempo, tenendo conto della visibilità che avrebbe dovuto consigliare prudenza, l’aereo fosse disceso di quasi 1300 metri? E’ sorto così il dubbio che l’altimetro si sia bloccato e che quindi il pilota, convinto di essere sempre a una quota notevole, non dubitasse minimamente del tremendo pericolo a cui andava incontro. C’è qualcuno che assicura di aver rintracciato il cruscotto e visto il quadrante dell’altimetro. Secondo questa testimonianza non ancora controllabile, la lancetta è ferma e punta a quota 2000. Se ciò fosse vero, sarebbe trovato il motivo principale del disastro.

Ore 17:03 ultimo messaggio:”Ok. Arriviamo”. Ore 16:45, campo di volo dell’Aeronautica. La pioggia che ha provocato danni in tutto il Piemonte scende con raffiche violente, le nubi incombono basse, cupe. Nella cabina della stazione radio un silenzio angosciato: si aspettano messaggi da parte dell’aereo del Torino atteso per le 17:00. Finalmente un tichettio dell’apparecchio. Il tasto batte: “Siamo sopra Savona. Voliamo di sotto delle nubi, 2000 metri, fra 20 minuti saremo a Torino”. La notizia giunge al bar vicino, dove tutti brindano. Il tasto riprende a battere: “__.__..__” Vuole il rilevamento radiogonometrico. E’ un’operazione semplice. Piton ci mette pochi secondi “QSM 280°”.Alle 17:02 la richiesta del bollettino metereologico: “Nebulosità intensa, raffiche di pioggia, visibilità scarsa, nubi 500 metri”.
Ore 17:03. L’aereo trasmette: “Ricevuto, sta bene, grazie mille”. È l’ultimo messaggio.

 

I funerali

Li abbiamo visti venire giù dallo scalone dello Juvarra nell’atrio di Palazzo Madama. E come non mai abbiamo avuto la certezza dell’immensità della catastrofe. Venivano già racchiusi nelle bare e portati dai compagni, dagli amici, dai colleghi.Scendevano ad uno, ad uno lentamente, tra i cordoni d’onore ufficiali dei carabinieri in alta uniforme, e dietro a ciascuno venivano i parenti in lacrime, coi primi fiori. Un corteo che pareva non finire più.Quando sono comparse le salme, un lungo brivido ha pervaso gli astanti. Giovani e vecchi singhiozzavano, molti sono caduti in ginocchio, mentre le bare si susseguivano e venivano caricate sugli autocarri verniciati di nuovo. Poi i fiori le hanno ricoperte, le innumerevoli corone sono state caricate sulle vetture a seguito, il corteo si è formato facendo il giro della piazza. Tutti avevano voluto essere presenti all’ultimo saluto.Ecco come apparve piazza San Carlo durante l’effettuazione dei funerali.